"Happenings" futuristi Il futurismo, insomma, è teatrale per antonomasia: "Tutto è teatrale quando ha valore. [...] La maggior parte dei nostri lavori sono stati scritti in teatro", recita per l'appunto il manifesto del Teatro futurista sintetico. Il teatro futurista s'impernierà sostanzialmente su due rivoluzionari "poli": le cosiddette "serate", fra il 1910 e il 1914, veri e propri antecedenti di happening e living theatre, e il "sintetismo" di un "microteatro", che qualche studioso reputa almeno in parte un "passo indietro", in quanto ritorno alla ed alla drammaturgia come tali, pur apparendo latore d'istanze largamente astratte e di rottura nei confronti di ogni convenzione antica e moderna: "Il nostro teatro futurista s'infischia di Shakespeare [...], si addormenta ad una battuta di Ibsen, [...] mentre nel primo atto della Figlia di Jorio i fatti si muovono in un'unica scena senza balzi di spazio e di tempo, nella sintesi futurista Simultaneità" di Marinetti (1915) "vi sono due ambienti che si compenetrano e molti tempi diversi messi in azione simultaneamente". Alcune di queste sintesi si caratterizzano, comunque, per essere più che altro delle semplici trovate, senza una struttura drammatica, o delle azioni (talora di oggetti), che non escludevano la provocazione e la partecipazione del pubblico: "Nella maggior parte delle opere sintetiche - ha rilevato Joseph Cary - il testo scompare, in ogni caso, del tutto e la messa in scena diviene un "assoluto". Così il futurismo stabiliva il suo teatro teatrale. Una delle prime serate futuriste, si tenne al Teatro Chiarella di Torino, l'8 marzo 1910. Sulla "Stampa" del giorno dopo ne leggiamo un vivace resoconto: Alle 9, avviene l'ingresso dei futuristi. Il velario si schiude e lascia passare Marinetti in tight, seguito da quattro signori in tenuta diversa [...]. La sfilata è accolta da una burrasca furibonda in cui i fischi e gli applausi si mescolano in dosi uguali, sopra un gran pedale di risa [...]. Dopo cinque minuti, il silenzio relativo c'è: e Marinetti comincia a leggere, sopra una cartella scritta a caratteri cubitali, scandendo le sillabe: "Amici, nemici forse...". E' una distinzione innocente, anzi doverosa. Ma suscita una nuova coda di fischi, di trombettate, di urli. [...] Solo in qualche breve intervallo di mezza calma, sottolineato dal sibilo di una sirena o dalla nota ferroviaria della trombetta, si intende la voce del poeta che dice: "I morti infiniti schiacciano i vivi esigui [...]". [...] entra in giuoco un nuovo personaggio: la fava greca. il lieve petardo, gettato con grande abilità dalla prima galleria, cade ai piedi dell'oratore, fa una scintilla, e rende uno scoppio educato. Marinetti guarda e non si scompone [...]- Quando, dal gesto di Marinetti, il pubblico capisce che il primo numero del programma è esaurito, scoppia in un applauso trionfale. Dall'alto della prima galleria un entusiasta lancia un piccione, che vola, terrorizzato, per la gran cavità luminosa e strepitosa di risa. Seguirono altre declamazioni in un tripudio di petardi e lancio di ortaggi, quindi scoppia un putiferio in platea. Tutti voltano la schiena ai futuristi e cercano di capire quel che succede. Per dieci minuti, l'accademia passa i platea, ed i futuristi diventano semplici spettatori, di cui nessuno si ricorda più. Scoppiano discussioni fra gruppi e gruppi [...]. [Boccioni] ha una voce debole, che naufraga nel tumulto crescente. [...] a un certo punto fa un gesto che invoca l'attenzione con intensità speciale. E l'attenzione gli è accordata ed egli se ne serve per dire: "A Torino si incensa una pittura da funzionari governativi in pensione": L'accusa è grave, ma il pubblico è ben disposto, e applaude con maggior accanimento, e inaugura una nuova forma di omaggio: gli butta giù un soldino. E' un'idea che fa fortuna [...]. Sono le 22.15: l'accademia è finita. Dalla seconda galleria si intona: "La donna è mobile" e tutto il teatro fa coro. Finito il coro, Marinetti viene a svelare il suo terribile tiro: "La poesia che parte del pubblico ha fischiato è di D'Annunzio". Pochi capiscono, ma tutti applaudono con entusiasmo. Cento mani si tendono dalla platea, ed egli si curva a stringerle tutte. Un gran petardo gettato dalla seconda galleria gli cade dietro le spalle e scoppia con gran fragore, avvolgendolo in uno strepito d'apoteosi. L' "accademia" ebbe una breve, ma significativa appendice in strada, in Piazza Carlo Felice, e un quasi rituale seguito di schiaffi tra Umberto Boccioni e uno spettatore insolente. L'alchimia della serata futurista - come notò lo stesso Marinetti - aveva fatto sì, che, a un certo punto, le discussioni fossero tali "da trasformare noi in spettatori e il pubblico in attore". Questo inedito ribaltamento della prospettiva teatrale è altresì sottolineato da un'appropriata constatazione di Fracesco Cangiullo: "Nelle serate futuriste chi veramente dava spettacolo, facendo buffissima mostra di sé, era il pubblico", che s'innestava in tal modo come fattore attivo ed imprevedibile in un'inedita quanto astuta situazione relazionale. Qualcuno ha cercato di ridimensionare la portata di novità del futurismo italiano (che ha comunque indubbie radici in certe dissociazioni formali del simbolismo) e altri hanno evidenziato che il nazionalismo proclamato da Marinetti (ma tutt'altro che assente, aggiungeremmo, all'epoca, nello sciovinismo di altre nazioni europee) ne ha limitato l'impatto. E' tuttavia un fatto che non si è potuta non leggere, a qualche titolo, la sua influenza in fenomeni teatrali posteriori quali Brecht e Artaud fino a Beckett e Ionesco, e che le varie avanguardie che si sono manifestate subito dopo il futurismo, per stare alle più rilevanti - per quanto radicali e dirompenti, per quanto spesso in polemica con esso, per quanto politicamente più accorte rispetto alla progressiva ibernazione di Marinetti nel fascismo - , non solo ne sono state condizionate, ma possono essere considerate in definitiva una chiosa alla sua rivoluzione, al suo radicale ribaltamento di tutti i valori in campo estetico. Con il futurismo, il Dio Selvaggio esprime il vangelo di un teatro di attivazione e partecipazione del pubblico e di audace sperimentazione astratta. Ha osservato Giovanni Lista che sovente questo impulso teatrale, offerto "allo stato puro dai futuristi, appare", in altri autori, "diluito in letteratura", mentre Jeffrey T. Schnapp ha riconosciuto l'enormità della rivoluzione futurista nell'osservazione che il movimento di Marinetti ha realizzato soprattutto "una radicale riduzione della linea di demarcazione che separa il teatro da ciò che teatro non è", ponendo così i presupposti di una "teatralità senza confini", che oggi infine riconosciamo fondante per le future avanguardie e, prospetticamente, performativa.