Quasi mai un testo drammatico presenta elementi esclusivamente ed interamente originali. Gli autori, piuttosto, rielaborano precedenti repertori di narrazioni e storie, documenti e aneddoti, espressioni idiomatiche e modalità del parlato. Le loro fonti comprendono vicende sinteticamente enunciate, narrazioni articolate, testi drammatici preesistenti e organismi performativi (come canzoni o lazzi comici), che vengono innestati allo sviluppo testuale. Le fonti dunque riguardano tutti i livelli dell'opera drammatica: la favola o soggetto; l'intreccio o plot; i dialoghi scritti per esteso; lo spettacolo. Anche nella dimensione rituale della tragedia greca, le fonti non costituiscono modelli da riproporre con scrupolo filologico, ma sono materiali d'uso dai quali prendere quanto interessa e serve. Il drammaturgo estrapola vicende dal comune patrimonio mitico, dalle cronache, dai libri di storia, dai repertori drammatici; elabora intrecci ispirandosi a spettacoli, a narrazioni, ancora a repertori drammatici, oppure a strutture musicali e del mondo naturale; sostanzia il linguaggio dei personaggi tendendo l'orecchio al parlato quotidiano, alla poesia, al parlato dei protagonisti epici e romanzeschi e degli attori teatrali. Lo stesso vissuto dell'autore è un contenuto di esperienze che, immesse all'interno del testo, fanno dei corrispondenti ricordi fonti essenziali e impalpabili della composizione drammatica. Appartengono a questa tipologia le osservazioni su Shakespeare sui matrimoni tra uomini giovani e donne anziane, oppure certi riferimenti personali che Beckett traspone dalla moglie al personaggio di Winnie in Giorni Felici. Quando le fonti esistenti non supportano a sufficienza la conoscenza dell'argomento e l'argomento stesso coincide con zone inesplorate del reale, il drammaturgo si trova nella condizione di risarcire le carenze conoscitive, producendo nuovi documenti attraverso indagini condotte personalmente o assieme all'ensemble. In questo caso, il processo compositivo, ingloba la costituzione delle fonti e viene a strutturarsi in due fasi: l'una condotta con le modalità della ricerca antropologica sul campo o del reportage giornalistico; l'altra dedicata all'elaborazione linguistica dei dati e delle conoscenze emerse. La drammaturgia contemporanea tende a produrre le proprie fonti stabilendo significativi punti di contatto con l'attività giornalistica e quella antropologica. La drammaturgia romantica innesta alla scrittura del testo lo studio della storia: La drammaturgia classica si specializza nella citazione delle fonti letterarie dell'antichità. Ma non mancano - seppure più rare - incursioni drammaturgiche nell'ambito delle discipline scientifiche e delle scienze economiche (Santa Giovanna dei Macelli di Brecht). In genere, il drammaturgo affronta la conoscenza dei propri argomenti, il che lo porta ad assimilare contributi di varia provenienza e farsi egli stesso promotore di raccolte documentarie. Un importante antecedente del personale coinvolgimento del drammaturgo nella produzione delle fonti drammatiche sono I Persiani. La descrizione della battaglia di Salamina, che viene qui fatta, coincide infatti fin nei dettagli con la successiva ricostruzione storica di Erodoto (Le Storie), autorizzandoci a pensare che Eschilo - egli stesso combattente contro Serse - abbia raccolto e confrontato diverse relazioni di reduci. Per quanto riguarda le opere di carattere comico, le principali fonti drammaturgiche sono le osservazioni dal vero e i repertori drammatici, che, in quest'ambito, forniscono materiali intorno alle situazioni e ai caratteri (l'avaro, il geloso, il prodigo, il vanaglorioso, il lussurioso ecc.), mentre, nel diverso contesto delle opere di carattere tragico, alimentano sistemi di varianti intorno ai protagonisti del mito e alle loro personali vicende (numerosissime le tragedie su Antigone, Fedra, Medea, Ifigenia, Oreste, Edipo, ecc.). I precedenti drammatici costituiscono anche modelli negativi dai quali i drammaturghi successivi si distaccano intenzionalmente per affermare una diversa sensibilità e cultura. Così, mentre le tragedie di Eschilo e Sofocle dedicate ad Elettra costituiscono altrettante varianti del mito, quella di Euripide, sullo stesso argomento rappresenta un rifacimento integrale di tono medio-basso e aperto a contaminazioni con il genere comico. Qui, infatti, Elettra sfugge la corte di Argo sposando, senza consumare le nozze, con un povero contadino, le cui recriminazioni anticipano di molti secoli le lamentele del moleriano George Dandin, anch'egli infelice marito di una donna di più elevate condizioni sociali. Il Novecento arricchisce il rapporto con le fonti drammatiche di un ulteriore possibilità. Nella cultura postdrammatica infatti non si tratta più di svolgere vicende tratralmente già trattate, sottoponendole a sistemi di varianti o a più radicali rifacimenti, ma di destrutturare le drammaturgie del passato, ricavandone elementi disgregati della vicenda e disponibili ai più differenziati trattamenti: immagini, brani testuali e personaggi (usatissimi quelli di Shakespeare), che vengono ora proiettati in contesti extra mimetici dove il loro esistere non si confronta più con lo svolgimento della vicenda, ma con sé stesso. Il confronto fra le fonti originali e le rielaborazioni drammatiche ritrae il procedere del pensiero drammaturgico. Bisogna sempre considerare la possibilità che fra le fonti prese in esame e il testo drammatico vi siano fonti andate perdute, sicché ciò che riteniamo un'invenzione del drammaturgo potrebbe benissimo essere l'applicazione di una precedente variante. Tuttavia, i confronti fra le fonti note e le successive rielaborazioni drammatiche illustrano, assai spesso, soluzioni narrative talmente distinte e diversamente caratterizzate da consentirci di attribuire al lavoro del drammaturgo, se non l'invenzione delle varianti rilevate, un atteggiamento critico rivolto, non tanto all'opera precedente in sè, quanto alle sue potenzialità teatrabili. Così Eschilo, distaccandosi dalla narrazione omerica, strappa Agamennone dalle mani criminali di Egisto - suo cugino - per consegnarlo all'azione omicida della moglie Clitemestra, amante di Egisto. Le conseguenze di questa variante sono di enorme portata. Mentre nel racconto omerico, Oreste uccide Egisto compiendo un atto di giustizia limpido e senza ombre, nelle Coefore la sua azione vendicativa si sfoga sulla madre risolvendosi in un ulteriore delitto, che dà adito al processo consumato nella terza opera della trilogia (Le Eumenidi). Sostituendo Egisto con Clitemestra, Eschilo sposta la vicenda al centro stesso del sistema antropologico e sociale: il nucleo ristretto della famiglia reale. Al livello del soggetto, le fonti attivano, nel lavoro del drammaturgo, immaginazioni fluide e immediatamente modificabili, le cui configurazioni si formano e disgiungono nel tempo in cui vengono pensate (dal momento che l'assassina di Agamennone è la madre dei figli che sono tenuti a vendicarlo, quale sarà l'atteggiamento di Elettra? E quello di Oreste? Saranno concordi o divisi? Incerti o inesorabili? E le divinità come valuteranno l'assassinio della madre?); diversamente, a livello della scrittura dialogica, le fonti alimentano il linguaggio dei personaggi arricchendolo di narrazioni, proverbi, espressioni idiomatiche, riferimenti condivisi dal pubblico spessori retorici o di pensiero. Anche nella drammaturgia, come in natura, niente si crea e niente si distrugge, ma tutto si trasforma; non appena compiuta, l'opera drammatica si mostra immediatamente disponibile a venire utilizzata a sua volta come fonte di ulteriori composizioni. Il vivere del drammaturgo, recependo molteplici tipologie di fonti, attesta, a lato delle sue decantazioni in forma di scrittura, l'ineffabile proseguire d'un flusso esperenziale al contempo storico e immediato, artistico e coincidente con la quotidianità. In un certo senso, la cultura delle arti postmoderne, che individua quali propri caratteri fondanti la relatività, la fluidità, la frammentarietà, la sovrapposizione, la decostruzione del già fatto e il suo infinito tornare, non fa che attribuire alla sfera degli esiti ciò che nelle prassi storiche sussiste e si mostra nell'individuo in stato di composizione drammatica. Condizione che, come mostrano i forsennati ritmi di produzione dei drammaturghi di mestiere, non riguarda la gestazione di singole opere, ma più generalmente il vivere di chi le compone.