Significativa è, da questo punto di vista, la svolta compiuta dal Living Theatre nel 1964, all'inizio della sua avventura europea. Gli ultimi, più importanti spettacoli del gruppo, The Connection di Jack Gelber e The Brig di Kenneth Brown, erano stati impostati secondo la logica pirandelliana della messa in contraddizione del rapporto tra realtà e finzione. In entrambi i lavori quanto premeva a Beck e alla Malina era esibire, sul palcoscenico, un luogo di confine tra verità e simulazione. Dar vita ad uno spettacolo che mascherasse la sua natura di finzione e si presentasse, invece, come accadimento autentico. Come è possibile, sembra chiedersi il Living in quegli anni, riuscire a far sì che il reale illusorio della scena assuma la configurazione e la concretezza di una autenticità vera? Pur in presenza di un testo drammatico che funge da referente ineludibile, è nella scrittura scenica che Beck e Malina trovano una possibile risposta. In un caso, The Connection, affidandosi alla presenza in scena di vari musicisti jazz i quali durante lo spettacolo suonavano e parlavano tra di loro improvvisando, senza ripetere le battute di un copione prestabilito; nell'altro, The Brig, ricostruendo, all'interno del gruppo, una condizione analoga a quella presentata nel testo, che mostrava, senza alcuna veste romanzata, lo scorrere di una giornata in un campo di prigionia dei Marines. La gratuità di tutta una serie di prescrizioni imposte durante le prove, il clima di autentica tensione che si determinava durante lo spettacolo - essendo che le punizioni potevano essere inflitte a discrezione degli attori/carcerieri - l'indeterminatezza della struttura stessa dell'azione, causata da tutta una serie di elementi contingenti, caricavano la finzione rappresentativa di un qualche senso di verità. Gli elementi di improvvisazione presenti nella scrittura scenica dello spettacolo, insomma, introducevano nella finzione rappresentativa della pièce momenti di contraddizione che ne deformavano l'assetto codico di rappresentazione, di messa in scena di un testo. Si determinava, così, una tensione decostruttiva, vissuta, però, ancora all'interno della logica della messinscena, la quale veniva contraddetta non in quanto se ne negavano le forme, ma, al contrario, perché se ne esasperavano i termini in direzione di un vero e proprio iperrealismo scenico. La soluzione, però, risultava, per il Living, insoddisfacente. La volontà di fare del teatro un'arte vivente, basata sullo scambio partecipe di chi agisce e di chi assiste, giungeva con The Brig e The Connection, a limiti estremi oltre cui non era possibile andare, se non invertendo radicalmente la rotta. La scena poteva raggiungere una sua propria verità solo a condizione di fare della realtà scenica del teatro, e dei suoi protagonisti, l'oggetto stesso dello spettacolo. Mysteries and smaller pieces è il risultato di questo momento di passaggio. Lo spettacolo nasce come montaggio di diverse sequenze spettacolari, nessuna delle quali ha un riconoscibile registro narrativo. Gli stessi frammenti tratti da The Brig sono decontestualizzati, ridotti a gesti astratti, nel complesso irriconoscibili. Ma il fattore più caratterizzante dello spettacolo è la presenza di una serie di esercizi tratti dall'allenamento, dal training quotidiano del Living. SI tratta di momenti di pura azione scenica, completamente autoreferenziale, giocata sul piano del puro accadimento: il pubblico vede realmente gli attori della compagnia, con i loro nomi, i loro abiti di tutti i giorni, che si esercitano in una pratica di addestramento corporeo, tesa a sviluppare la reattività interindividuale. Ciò che accade è ciò che accade. Anche nella sequenza degli Street Songs, o in quella della "poesia del dollaro", gli enunciati poetici funzionavano come comunicazione diretta, come atto teso ad instaurare col pubblico un rapporto reale. Anche se non enunciato chiaramente era previsto, era pensato come possibile, infatti, che l'intervento degli spettatori interferisse con quanto permaneva di una scrittura più specificamente teatrale, fino a trasformare radicalmente la forma dello spettacolo. Coi Mysteries, allora, il Living introduce l'idea di uno spettacolo-evento, di un accadimento scenico che si fonda sulla consistenza materiale del linguaggio (l'atto concreto) e aspira così a dissolvere la consistenza illusoria dell'opera d'arte teatrale. Più che la ricerca di nuove soluzioni o di "rivoluzionarie innovazioni della forma-teatro", come scrive De Marinis, questo modo di affrontare il linguaggio "avvia la sua fuoriuscita dall"involucro teatrale", cominciando a disfarsi del teatro e a smantellare i capisaldi". E' corretto, quindi, parlare di un processo di deteatralizzazione ,o, ancor meglio, seguendo le indicazioni di De Marinis, "della traduzione in termini teatrali [...] di un processo di deteatralizzazione". Un processo che trova, nella scrittura di scena, la sua origine ed il suo fondamento: cercando di raggiungere una più autentica comunicazione, sul piano del linguaggio scenico, col pubblico il Living si spinge sino alle frontiere estreme della dissoluzione della forma del teatro. Una dissoluzione, però, esperita all'interno di un qualche cosa entro cui può continuare ad essere riconosciuta la forma spettacolo: un'azione, l'investimento di un luogo, il rapporto di percezione istituito con un pubblico. Il segnale più estremo, e se si vuole più maturo, in questa direzione è rappresentato da Paradise Now, dopo di cui, non a caso, il Living, abbandona per qualche anno la dimensione artistica del teatro, quella comunque riconducibile ad un'idea e ad una forma di opera, per darsi ad una pratica di "azione diretta", di animazione politica, attraverso i segni di un teatro che non diventa mai spettacolo.