Il palcoscenico nudo Nel 1910, Rouché inaugura il Theatre d'Art e invita a lavorarci Craig. Sospettoso e deluso, Craig, questa volta, non si fa convincere, probabilmente perché comprende che - assecondando l'impostazione del suo libro - Rouchè preferisce affidare ai pittori il rinnovamento del teatro, appendice dell'arte plastica. Gli spettacoli del Theatre d'Art sono stati del resto definiti "vere manifestazioni pittoriche", descrivibili solo con Tutto il vocabolario dello scrittore d'arte". Nel 1911, Rouché presenta I fratelli Karamazov, una produzione che riunisce i principali protagonisti della scena francese degli anni a venire: il testo è ridotto da Jacques Copeau e Jean Croué, in compagnia recitano Charles Dullin e Lous Jouvet. Il teatro di Rouché chiudeva i battenti nel 1913; in settembre, la "Nouvelle Revue Francaise" ospitava uno dei tanti manifesti che, all'epoca, invocavano un profondo rinnovamento del teatro, annunciando una nuova scena parigina al 21 di rue du Vieux Colombier. Il manifesto era firmato da un letterato e critico di vaglia, senza però "nessuna esperienza diretta della scena", Jacques Copeau, tra i fondatori e all'epoca direttore della prestigiosa rivista che lo ospitava. Almeno in apparenza, Copeau si presentava - avrebbe rilevato Ralph Roeder - come un riformatore tutt'altro che radicale: "Le sue riforme erano indirizzate contro tradizioni decrepite, ma non contro la tradizione". Tuttavia, la nuova scena del Vieux Colombier - come dichiarava preliminarmente il manifesto - non nasceva da compassate riflessioni, bensì dall'"indignazione" di fronte alla sistematica commercializzazione di un teatro "degenerato tra le pratiche infami" e divenuto "la più screditata delle arti", per cui veniva a imporsi la necessità di realizzare "un punto di incontro" per tutti coloro che, "autori, attori, spettatori", fossero "tormentati dal bisogno di restituire allo spettacolo scenico la sua bellezza". Ciò sarebbe dovuto avvenire, in primo luogo, attraverso l'esercizio pressoché etico e artigianale di alcune virtù: "un ardore risoluto, una forza concretata, il disinteresse, la pazienza, il metodo, l'intelligenza e la cultura, l'amore e il bisogno di ciò che è ben fatto", da tradursi nella costituzione di una compagnia stabile ed economicamente sicura, impegnata in "spettacoli interessanti, presentati con gusto e poco costosi". Copeau cercava "a tastoni [...] l'armonia della rappresentazione, una vita scenica che non fosse inferiore alla vita poetica del dramma e che le fosse fedele": "Bisogna che una forma drammatica lotti per la sua esistenza [...]. Bisogna innanzitutto sopprimere la teatralità". La sala del Vieux Colombier contava circa 500 posto e si proponeva di presentare almeno tre spettacoli a settimana, offrendo "opere coraggiose e nuove, capaci di imporsi alla lunga" ovvero puntando su "una scelta severa delle opere inedite" e soprattutto sui classici, di norma "ignorati dal pubblico". Questi sarebbero stati riproposti senza modernizzazioni, giacché - affermava Copeau - "tutta l'originalità della nostra interpretazione, quando vi sarà, nascerà soltanto da una conoscenza approfondita dei testi". Copeau, infatti, a differenza di Rouché, non credeva nell'efficacia delle pur originali scenografie pittoriche, sospette di condurre addirittura in direzione del music-hall; per lui, centrale era l'opera drammatica, da affrontare in una chiave eclettica eppure rigorosa. In un'intervista del 1918, Copeau avrebbe ribadito che la logica di un dramma deve essere ricercata nell'evoluzione dei caratteri e degli eventi nei quali l'idea insieme si incarna ed è anche contenuta. Nessun evento dovrebbe verificarsi, nulla accadere, se non al fine di illuminare i caratteri, stabilendo o modificando le loro relazioni, provocandoli a una reazione. Se violate questa legge avrete un dramma di situazioni invece che di caratteri, quindi il vaudeville invece della commedia, il melodramma invece della tragedia. Copeau si sarebbe sforzato di non trasformare il testo drammatico in un campo di esercizio critico, aspirando al raggiungimento di una poesia drammatica pura, tramite la macerazione di un'arte povera e il lavoro sull'interprete. D'altra parte, con il manifesto del '13, Copeau fondava un nuovo studio teatrale (tutt'altro che dimentico della dimensione laboratoriale del Theatre Libre di Antoine, "ultima compagnia omogenea" conosciuta in Francia), mettendosi a capo di "giovani attori, disinteressati, entusiasti, la cui ambizione era servire l'arte alla quale si consacrano". Prima di iniziare la sua attività la compagnia del Vieux Colombier si era isolata in campagna per studiare il repertorio, provare esercizi di lettura, vocali e fisici, anche se era evidente che il teatro, per ottenere risultati compiuti, avrebbe dovuto dotarsi di "una vera e propria scuola di attori", in grado di accogliere soprattutto dei bambini e dei bambini-maestri, dai quali imparare, giacché l'educazione drammatica può costruirsi essenzialmente sul gioco. Come si sarebbe articolata in concreto l'attività del Vieux Colombier? Almeno a questo primo livello, con una presa di distanza rispetto al dilagante fascino della scenografia artistica, che Copeau voleva scissa dall'interpretazione proprio per salvare la centralità di un'idea di regia. L'interpretazione viene pertanto riportata nell'ambito di una messinscena concepita come l'insieme dei movimenti, dei gesti e degli atteggiamenti, l'accordo delle fisionomie, delle voci e dei silenzi; [...] la totalità dello spettacolo scenico immaginata da un'unica intelligenza, che la concepisce, la plasma e la rende armonica. Il regista crea e fa regnare tra i personaggi quel legame segreto ma visibile, quella reciproca sensibilità, quella misteriosa corrispondenza dei rapporti, senza i quali il dramma, anche interpretato da eccellenti attori, perde il meglio della sua espressione. Copeau si schiera quindi decisamente per la regia e, "alla parte che riguarda la scenografia e gli accessori", dichiara di non voler dare importanza, pur a conoscenza della diffusa tendenza continentale a superare la "scena realista che finge l'esistenza delle cose stesse" e a magnificare di contro "una scenografia schematica o sintetica che mira a suggerirle". Per il suo lavoro, Copeau chiama in causa solo il "buon senso" e il "buon gusto", invocando infine: "Che gli altri prestigi svaniscano e che, per l'opera nuova, ci lascino un palcoscenico nudo!". E' quanto si vede sostanzialmente nelle illustrazioni relative al primo Vieux Colombier, la cui ascetica area di rappresentazione mostrava giusto due porte aperte nell'arco di proscenio (proscenio eventuale, che, mobile, poteva essere usato o meno). Nel 1917, Copeau affermerà: "Io voglio il palcoscenico nudo e neutrale, affinché vi possa apparire ogni finezza, affinché ogni imperfezione possa risaltare, affinché l'opera drammatica possa avere un'opportunità di adattare in un'atmosfera neutra quell'abito personale ch'essa sa come indossare". Fra i primi sostenitori dell'iniziativa di Copeau, va annoverata Eleonora Duse, che seguì da lontano gli sviluppi di ciò che definiva: "Quella viva e nobile cosa...". Il teatro si inaugurò il 22-23 ottobre 1913 con un classico, Una donna uccisa con la dolcezza dell'elisabettiano Thomas Heywood: un allestimento spartano, interpretato con slancio, sincerità ed inevitabile acerbità. Il letterato André Suarès scrisse a Copeau (che "senza troppa prudenza" vi teneva un ruolo): "Qui tutto è promessa, ma la promessa è grande...". Era solo il "primo scatto", che fu presto bloccato da eventi storici: "Fin dove sarebbe arrivato a portarci - si sarebbe chiesto Copeau - [...] se non fosse venuta la guerra a stroncarlo?"- La partita però era tutt'altro che conclusa.